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carattereurbanizzato


di Isabella zanotti

World Trade Center

dim. 53x33 cm.

Caratteri acrilici adesivi Letraset© su plexiglas sfondo color salvia lucido. Cornice in plexiglas trasparente lucido.

anno 2000

Spicchi di cielo,

dim. 40x40 cm. quadrittico 4 pezzi

Caratteri acrilici adesivi Letraset© su plexiglas sfondo  trasparente satinato. Cornice in plexiglas nero lucido

anno 2000

Corpo 24 

dim. 120x25 cm.

Caratteri acrilici adesivi Letraset© su plexiglas trasparente satinato. Cornice in plexiglas trasparente lucido.

anno 2000

La Perla di Shanghai

2002 dim. 100x40 cm.

Caratteri acrilici adesivi Letraset© su plexiglastrasparente satinato. Cornice in plexiglas trasparente lucido.

anno 2000

Philadelphia

2002 dim. 180x38 cm.

Caratteri acrilici adesivi Letraset© su plexiglas

Cornice in plexiglas trasparente.

anno 2000

addio romantico ad un tempo che fù...

Riciclare è la mia passione! Ogni oggetto a fine uso che incontro, mi attrae proprio per quella personale patina di storia di cui é permeato, mi incuriosisce e non vorrei mai si perdesse. Osservandolo spesso mi balzano in mente altre possibilità d’uso e trasformandolo é come se tornasse a nuova vita pur conservando la sua originalità.


Trovandomi con centinaia di scatole contenenti milioni di fogli di trasferelli (un foglio per ogni tipo di carattere e grandezza corpo), senza poterli più utilizzare, perché tutto quello che era la grafica negli anni 80’, si era nel giro di un batter di ciglia trasferita sul personal computer, e le bozze, gli esecutivi, la fotocomposizione, di colpo non esistevano più. Non ho avuto il coraggio di buttarli, erano un patrimonio anche economico, “dovevo recuperarli”.


I fogli dei trasferelli rimasero dimenticati per molti anni, in una grande scrivania, poi un giorno in procinto di uno dei miei infiniti traslochi, li rividi, mi risalì la rabbia, pensavo allo spreco, era una vera follia pensare, che nessuno li avrebbe potuti ancora utilizzare?


Pensai alle ONG, ma erano già un prodotto troppo intermedio ed evoluto, comportava almeno l’avere dei fogli bianchi su cui trasferirli, richiedevano una conservazione sicura in ambienti asciutti a temperatura costante, era impossibile immaginare una loro spedizione in paesi come india o l’Africa, fosse anche e solo per farli giocare, insomma la conclusione e che non sarebbero più serviti a nulla, la rabbia saliva sempre di più, inoltre pesavano, erano ingombranti e l’imminente trasloco dell’ufficio in uno più piccolo di quello attuale, mi costringeva ad una riduzione degli ingombri, li portai a casa mia, per riporli in un luogo dove poterli dimenticare, finche sarebbe svanita la rabbia.


Un giorno tornata da New york, mi trovai a disegnare dei grattacieli con una biro, un immagine insolita per una torinese abituata ad un panorama decisamente diverso, righe dritte parallele, perpendicolari, geometrie perfette mi costringevano  ad un contenimento grafico, soffrivo, abituata come sono con il pennello e le forme in continua azione, mi rendevo conto che non riuscivo a disegnarli, la mia mano non ci riusciva, pensai che avrei dovuto avere una specie di timbro, una costante grafica che ripeteva quella forma rigida all’infinito, dovevo costruire l’ossatura e le griglie dei grattacieli, fù così che arrivò l’illuminazione “e se provassi con i trasferibili?”


Tirai fuori quelle ingombranti e piatte scatole, ognuna divisa in gruppi diversi, erano caratteri con grazie, a bastoni, fantasia, gotici, simboli di valute, pittogrammi, avevo a disposizione tutto lo sciibile dei disegni delle lettere, per ogni carattere (quello che oggi chiamiamo font) tutte le grandezze di corpi, dal 6 fino al 72.


Era facile perdersi nella scelta, quindi come spesso faccio, “non scelsi”, presi il primo foglio a caso nel gruppo fantasia, lo trovavo opportuno, e iniziai a schiacciare letterina su letterina fino a fare il primo frontespizio di un grattacielo, solo che lo stavo trasferendo su del poliplat, un materiale morbido di carta fuori e polistirolo dentro, un materiale molto leggero ma troppo morbido. Non andava bene, avevo bisogno di qualche cosa di più rigido e ruvido, iniziai a trasferire lettere su ogni specie di superficie o supporto, sul vetro delle finestre, sulla plastica, sul legno, insomma alla fine trovai il giusto compromesso, il plexiglas satinato, l’effetto era evanescente, proprio quello che cercavo, anche la cornice era elemento del quadro, io volevo che l’immagine di queste metropoli diventassero quasi un miraggio, non volevo che fossero confinate all’interno di una cornice, Così sperimentai dei prototipi di cornici anch’esse in plexiglas trasparente, ne risultò un immagine lattiginosa trasparente quindi adattabile e integrabile a qualsiasi parete, anche colorata.

La traccia, in un miraggio che confusamente ci offre l’immagine di uno scheletro di una civiltà che stava diventando anch’essa inutile forse... certo é che il primo quadro  eseguito nel 2000 ormai é già storia.


Recensione su “Anfione e Zeto”

http://www.archimagazine.com/bookshop/lamoon.htm

per l’acquisto dei quadri contattate l’indirizzo mail

isabella.zanotti@gmail.com